ANDREA CARRARA
Avevo scritto qui brevemente “Ai miei nonni”, ma poi ho preferito dilungarmi, perché non tutto è sempre scontato e sottinteso. E allora nemmeno questa semplice dedica vuol essere scontata e sottintesa.
Ed è così che, dai racconti del passato, è facile rendersi conto di come i dolci e l’abbondanza d’oggi hanno preso il posto della farina e delle castagne di ieri. Quando le candele dovevano accendersi con parsimonia e la cena andava consumata al buio, perché «… la bocca lo sai dove ce l’hai …». E quando il bestiame doveva essere portato ai pascoli anche con la neve, o quando si dovevano attraversare i fiumi e i monti, con la bimba sulle spalle, per poter andare in città a comperare il pane più buono o, raramente, ed era una festa, una fetta di torta dolce. Quando si vendevano al mercato i funghi e quando si barattavano i cachi con le uova. O quando si andava con i Partigiani dalla Toscana al Veneto passando per i boschi, fuggendo i tedeschi.
Ai miei nonni dedico questo libro, perché dal loro tempo e dalle loro esperienze sono potuti trasparire i valori della vita. L’infanzia in povertà, nel bel mezzo di ciò che poteva essere stato, potendolo immaginare soltanto, il primo dopoguerra. E poi la giovinezza, vissuta tra la seconda guerra e il secondo dopoguerra.
Lo racconta spesso anche la bimba che stava in spalla. E che non era colpa di nessuno. Mi racconta che la vita deve venire prima di ogni altra cosa, che non c’era il denaro, c’era la fame, ma che nemmeno per quella, mai, rubò il pane.
I fichi però sì… eran così dolci!
Partendo dal vecchio Ponte del Giubileo che guarda il Teatro della Rosa di Pontremoli, situato in Lunigiana sulla Via Francigena, si intraprende un viaggio temporale ed emotivo, alla ricerca di un animo sensibile in grado di afferrare i sentimenti delle persone e delle cose che ci circondano. Un cammino che ci porterà alla scoperta del vero oro: i valori della vita.
L’oro della giovinezza di un ragazzo con i capelli al vento che assapora il senso di libertà dal cassone del motocarro di suo nonno o dalla sella di un motorino insieme agli amici nelle calde estati di qualche anno fa. L’oro di un adolescente che compie i primi passi nell’incontro con l’altro. L’oro di un uomo che mette la vita e l’amore sempre e comunque davanti a tutto. Uno spirito profondamente artistico, capace di emozionarsi davanti a un dipinto o ad una canzone, espressioni che diventano versi nell’intimità di un borgo storico fatto di sassi e di storie perdute. Perché l’età dell’oro non è solo nei ricordi idilliaci del tempo che fu, ma attraverso l’amore può diventare parte del nostro presente. Un amore riservato, vissuto a volte platonicamente, spesso in silenzio, lontano dagli sguardi indiscreti e per questo portatore di una forza ancora più dirompente.
E allora non ci resta che fermarci anche solo per un attimo sulla salita della nostra vita, prenderci per mano e guardare in alto le costellazioni del cielo cercando il Gran Carro. Al di là del buio si potrà scorgere il secondo ponte di arrivo, la meta del nostro viaggio, quello che ciascun uomo dovrebbe compiere per arrivare a dialogare con la propria anima.
Fabrizio Scarpi
In principio
Dal primo ponte si parte
e dal secondo si diparte
in una fugace stretta di mano.
Passando due volte da Milano.
Moncalieri, 10 gennaio 2012.
Non sempre la comprensione della poesia risulta immediata. Così questo testo, come una guida d’appoggio, vuole accostare i versi alle loro spiegazioni, più chiare e più accessibili rispetto alle sfumature vaghe dei primi. Ma esso vuole anche accostare i versi a soggetti dipinti e a melodie musicali, in modo tale che l’osservazione di un quadro e l’ascolto di una musica, in associazione alla lettura della poesia, possa facilitarne e soprattutto arricchirne il significato.
Da una parte, dunque, la poesia, con la sua spiegazione, o parafrasi. Dall’altra le sue due rappresentazioni pittoriche. Da un’altra ancora la sua associazione sonora consigliata.
La prima rappresentazione pittorica è la semplice raffigurazione generale che descrive la poesia, mentre la seconda, più simbolica, è il suo senso vero e profondo, entrambe con la propria intestazione, generale la prima e più reale la seconda.
Sotto ogni dipinto sono indicati il suo titolo con l’autore, il periodo – se noto – e la traduzione in italiano.
Le musiche, classiche da sole o accostate ad altre contemporanee arrangiate con sonorità moderne, sono state scelte ad hoc, così da ricreare l’ambiente ottimale per la lettura delle liriche.
L’unico tranello insito in tutto ciò, in cui bisogna evitare di cadere, è quello di dare una nota negativa allo scritto se le immagini o le musicalità associate ad esso risultano non gradite.
Al fondo del libro una figura d’insieme avvicina ancor più tra loro poesie e musiche, mettendone a confronto caratteristiche e assonanze.
Le poesie, raccolte ne “La Rosa” e suddivise in quattro parti (“Di terra”, “Sull’amore”, “Sulla morte” e “Sulla vita”), sono numerate in ordine cronologico e percorrono il periodo che va dal 1994 al 2014, toccando l’adolescenza con i suoi tipici grandi drammi e l’età adulta con le sue argomentazioni più diversificate, lasciando tuttavia anche in questo tratto della vita lo spazio all’amore, piccolo o grande, che sempre merita di avere.
La poesia (“In principio”) contenuta in questa introduzione ha due rappresentazioni pittoriche e due brani musicali in associazione. Tuttavia, per essa, la parafrasi non è stata volutamente sviluppata, né vi è valutazione di caratteristiche e assonanze al fondo del libro. Questo perché chi legge possa maggiormente rendersi conto dell’importanza, nella poesia come genere letterario, di una guida che riesca a far rifiorire questo tipo di scrittura che oggi si è andato un po’ perduto, riavvicinandolo ai sentimenti dell’essere umano, ma soprattutto riavvicinando quest’ultimo ai sentimenti.
Buona lettura e buona osservazione, o viceversa. E buon ascolto…